mercoledì 20 maggio 2009

Articoli: L'utile e il dilettevole dell'eccentricità


"Uno dei rischi principali della nostra epoca è la progressiva scomparsa degli eccentrici, di coloro che non soggiaciono al modo di pensare e di agire più conformisti"
John Stuart -Mill

Se si entra in una riunione, per esempio un consiglio di amministrazione, e si vedono persone tutte uguali, stessa faccia, stessa razza, stesso vestito probabilmente grigio e di gran sartoria (guardare le foto sui giornali che riprendono pezzi grossi dell'economia o della politica all'ingresso di una riunione), è un segnale di probabile omogeneità di pensiero, di uguali limiti nella capacità di comprensione della realtà, dei bisogni sociali, del mercato: la disomogeneità riguarda probabilmente solo le capacità personali e gli interessi di cui ognuno è portatore. Perché persone diverse per sesso, estrazione sociale, provenienza portano l'esperienza di pezzi diversi della realtà, e permettono a un'azienda, un partito, un governo di operare meglio conoscendo di più, sia la situazione che le risposte adeguate. E' il solito discorso della diversità come ricchezza, che rischia di diventare una formula di rito, sottoscritta ufficialmente, ma ignorata nei fatti.
La diversità, non solo di genere, da noi si sta espandendo rapidamente, appena emergerà ciò che oggi è sommerso, anche noi cominceremo, per esempio, a dover fare conti più seri con le minorities. Problema che negli USA è stato affrontato con leggi di tutela antidiscriminatoria rispetto ai diritti del soggetto, ma anche strumento di recupero di tutte le risorse quantitative e qualitativamente diverse presenti nella società. Con un fondo di materialismo, penso che gli ideali nascano ma soprattutto di radichino come idea condivisa quando ci sono necessità concrete.
Possiamo fare qualche esempio di quando le aziende usano, anzi, cercano, la diversità perché ne hanno bisogno. I settori della moda (e dell'editoria, per certi segmenti, soprattutto sul fronte dei giornalisti) hanno una percentuale più alta di donne in posizioni rilevanti: perché più capaci di comprendere quei target, o perché la loro faccia, che si presenta al pubblico e agli investitori, è in questi casi più adeguata e credibile. I settori che devono fare prodotti creativi (l'abbigliamento o le agenzie pubblicitarie, per esempio) non solo accettano ma richiedono che i loro 'creativi' abbiano look trasgressivi, e comunque guai alle cravatte la cui assenza è altrimenti impensabile in riunioni manageriali. Tanto che un bravo creativo, senza segni esteriori di 'diversità', fa probabilmente meglio a conformarsi allo stereotipo dell'anticonformismo se vuole essere assunto (non è una boutade, ho conosciuto casi reali). E nelle teorie di management si parla di problem solving creativo, anzi, si fanno corsi di pensiero creativo, a fronte dei quali, nella prassi quotidiana, non si cerca o si reprime il contributo di chi lavora in posizioni gerarchicamente non elevate, considerato a priori inadeguato, incompetente. Ciò è spesso vero, ovviamente, ma è anche vero che se non si cerca non si trova. Le risorse sommerse e quindi non utilizzate in un'azienda sono sempre troppe. Ho visto un caso recente. Un'azienda che ha voluto promuovere il contributo innovativo di tutto il management fino ai quadri, attuando un piano mirato, ha visto una partecipazione e un coinvolgimento assolutamente inaspettato: qualche idea importante è effettivamente emersa, e in ogni caso la motivazione collettiva è migliorata sentendosi chiamare in causa come soggetti.
Anche senza arrivare alle grandi differenze sociali, pensiamo alla differenza di ognuno di noi. Senza questa differenza non ci sarebbe confronto, stimolo, crescita, sviluppo, varietà di contributi. Che sarebbe certamente maggiore se non fosse ignorata, condizionata, conformata al comportamento dominante a partire dall'educazione dei bambini. Bambini i cui interessi, attitudini, doti, desideri non vengono rispettati e assecondati, curati come "piantine che spuntano in un angolo del giardino e non si sa cosa siano, ma vanno solo annaffiate senza tormentarle, e sperare che un giorno possano avere foglie di poesia". Si cerca invece di conformarli a modelli che i genitori ritengono vincenti. Quanti bambini vediamo educati a competere già all'asilo, che devono sapere un po' di inglese appena dopo gli omogeneizzati, stressati da giornate in cui bisogna fare tutto, non quello che a loro piace o fa bene, ma quello che fa bene alla loro presunta affermazione sociale futura. Così, sotto questa pressione alla prestazione, ho visto bambini chiedere un computer non perché sapessero cosa farne, ma perché erano gli unici della classe a non averlo, sentirsi presi in giro perché il loro animale preferito era l'ippopotamo e non il cagnolino o il cavallo: e se un adulto non li aiuta sostenendo la bellezza di essere diversi da tutti? Di essere unici e di vedere nel mondo cose che nessun altro riesce a vedere? Sterminiamo ogni giorno le diversità, che possono invece essere serbatoi di novità e creatività. E a questo proposito è bene ricordare una cosa a proposito di Darwin (sottolineata dal prof. Roberto Piazza in una recente intervista): tutti enfatizzano nella sua teoria l'aspetto legato alla selezione naturale, alla sopravvivenza della specie in base alle capacità di adattamento. Ma l'aspetto più importante del suo pensiero scientifico è un altro: la diversità in natura esiste perché è indispensabile alla vita, la diversità è ricchezza.
E spesso, essere eccentrici, se si è eccentrici, significa anche essere più felici.

Luisa Pogliana

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Chi è eccentrico? Un’indagine scientifica sull’eccentricità
Il termine eccentrico, apparentemente semplice, in realtà non risponde ad una definizione precisa, non ha nemmeno una connotazione univoca, positiva o –più spesso- negativa. L’eccentrico è prevalentemente associato al non conformismo o alla bizzarria, ma se si cerca un archetipo di eccentrico non lo si trova. In psicologia risulta abitualmente adottato un criterio pratico: la deviazione dagli standard accettati. Ma deviazione fin dove? Negli studi psicologici l’eccentricità costituisce un buco nero. A partire da questo, lo psichiatra inglese David Weeks ha deciso di condurre la prima vera indagine scientifica su questo aspetto.1
(Non a caso la Gran Bretagna è considerata il paese per eccellenza degli eccentrici, e si può anche avanzare un’ipotesi sulle ragioni: potrebbe essere la tolleranza diffusa, data per scontata in questo paese, a fornire il terreno fertile su cui l’eccentricità può fiorire)
Nell’introduzione al libro che contiene i risultati della ricerca, Weeks dice: “Tutti hanno un lato eccentrico, ma in genere profondamente sepolto; se l’eccentricità è positivamente associata con la capacità di far affiorare concezioni straordinariamente innovative in campo artistico e tecnologico, bisogna capire i fattori che possono stimolare o inibire il pensiero laterale, ma anche le condizioni in cui questo può svilupparsi liberamente. L’evoluzione umana ha bisogno dell’eccentricità umana”. Viene così avviata un’indagine su centotrenta soggetti (reclutati con metodi a loro volta eccentrici, per risolvere un problema anomalo), che si ritenevano o erano ritenuti eccentrici (adulti maschi e femmine, appartenenti a diverse fasce d’età, classe sociale, livello d’istruzione). L’indagine si basa su interviste e test clinici utilizzati nella prassi delle diagnosi psichiatriche, per poter “tagliare il nodo gordiano” delle ipotesi di sconfinamento nella follia.
Il lavoro arriva a conclusioni che aprono prospettive di grande portata, non solo dal punto vista della conoscenza psicologica, ma dell’importanza del pensiero diverso, strano, illogico, irrazionale.
Tra le molte riflessioni, Weeks segnala che gli eccentrici hanno un ruolo molto attivo nel costruire la loro personalità e la loro vita, lavorando costantemente per forzarne i limiti, e affermare il diritto di essere quello che vogliono essere. Possono influenzare le altre persone, perché tendono ad essere leader. La loro vita è piena di significato (soprattutto per loro), anche perchè riescono ad attingere con libertà e pienezza alle risorse della loro vivida immaginazione, e non hanno bisogno di accedere agli status symbol correnti o di avere l’approvazione della comunità. Possono difendersi isolandosi, soprattutto in una dimensione intellettuale, ma non vivono di illusioni e non negano nessun aspetto sgradevole della loro vita. Semplicemente si rifiutano di violare i loro ideali personali, e non permettono che gli venga impedita l’espressione di sé. La loro è una condizione di libertà. Per questo l’eccentricità è essenziale nella società, perché permette ad essa di avere al suo interno una varietà adeguata ad adattarsi con successo ai cambiamenti in atto. “Eccentrics are a refreshing reminder of everyone’s intrinsic uniqueness”.
Molti sarebbero gli spunti illuminanti da raccogliere, e non si può che rimandare al libro. Ne basti uno, quasi una sintesi delle prospettive aperte da questa indagine, tra l’altro, rispetto al lavoro e alle aziende. “La domanda importante non è perché la Gran Bretagna ha la più grande riserva al mondo di scienziati apparentemente pazzi, professori distratti, e inventori un po’ tocchi. Dovremmo piuttosto chiederci che cosa ne otteniamo di buono: secondo l’ultima ricerca disponibile, più della metà delle nuove idee adottate dalle aziende manifatturiere nel mondo sono scaturite da questo paese.”
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1 David Joseph Weeks with Kate Ward, Eccentrics, The scientific investigation, Stirling University Press, 1988.

(Pubblicato su Persone&Conoscenze n°13 settembre 2005, con un test per misurare l'eccentricità)

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