venerdì 26 febbraio 2010

Tavola rotonda a Perugia su 'La scalata al tetto di cristallo'

In occasione della giornata internazionale della donna, l'Assessorato Pari Opportunità della Provincia di Perugia propone una tavola rotonda su La scalata al tetto di cristallo. Percorsi femminili in azienda. Tra le relatrici io porterò alcuni aspetti emersi dal libro (il cui sottotitolo è curiosamente ripreso come sottotitolo dell'incontro).

Il 6 marzo, alle 10.30, presso il Palazzo della Provincia, Perugia

Ringrazio per l'invito l'Asessore Ornella Bellini, che aveva già partecipato alla presentazione del libro nella scorsa edizione di Umbria Libri.

Un dibattito a Corato organizzato da ManagerZen pugliese

Daniela e Mariagabriella Mattia hanno organizzato un incontro di discussione sui temi del libro, nell'ambito del programma 'Provocazioni manageriali' del loro Managercafé pugliese.

L'incontro è per il 4 marzo alle 20.30, Giulia's Hub, via Duomo 6, Corato

venerdì 19 febbraio 2010

Pina Grimaldi: intervento all'incontro di Managerzen a Roma

L'incontro a Roma voluto da Managerzen e Spazio dell'anima è stato molto intenso e piacevole. A partire da un intervento di Linda Salerno che ha messo in relazione i personaggi femminili della mitologia greca con i comportamenti delle donne che si trovano nel libro (spero di recuperare questo intervento e di pubblicarlo, tanto è stato intelligente e affettuoso).
Un forte coinvolgimento è stato creato dalla presenza di quattro donne che hanno partecipato al libro con la loro storia. E hanno raccontato la loro esperienza di partecipazione al libro, dei pezzi di vita in cui si è inserita, riprendendo i temi di maggiore rilevanza per loro: Myriam Ines Giangiacomo, Pina Grimaldi, Roberta Buzzacchino e anche Samantha Gamberini, arrivata da Bologna per un incontro al Ministero delle Pari Opportunità. E' stato coinvolgente ed emozionante, parlare con riflessioni importanti e profonde non teoricamente, ma radicate in se stesse. E io non finisco mai di stupirmi di quante donne di qualità incontro, di quanto poco vedono il loro valore se una non mette loro uno specchio davanti. Di quanti atti di coraggio mettono in campo senza clamore. Che Roberta ha definito 'coraggi comuni'.
Proprio a questo proposito sono molto felice di poter riportare qui di seguito l'intervento di Pina Grimaldi. Il suo tema, il punto critico più importante è per lei il rapporto con il potere. Quello che non si può sentire qui è la passione e la forza con cui ne ha parlato quella sera (trascinante). Trascinante perché per Pina questi ragionamenti nascono dalle situazioni che quotidianamente vive e deve decidere come affrontare. E le affronta, appunto, con un coraggio non da leone -come mi è venuto da dire ad un certo punto- ma un coraggio da donna.

Mi piace molto il titolo del libro di Luisa, Donne senza guscio, quando l’ho letto mi sono subito trovata bene, incasellata in questo titolo. Poi ho letto il libro ed ovviamente il senso che io avevo dato era altro per lei. Continuo comunque a ritrovarmi dentro. Il significato per Luisa è riferito ad una nuova identità delle donne, che si sviluppa e si articola in modo diverso dal passato, tanto che ha bisogno di perdere la propria scorza e di vederne crescere un’altra all’interno della quale vivere. Per me il senso delle donne senza guscio è quello delle donne senza casa, senza tana. Cioè la mancanza di un rifugio dove nascondersi, ecco il senso che ho dato, le donne che vogliono stare al mondo con tutte le contraddizioni, limiti e insicurezze e non rintanate in un guscio che dà protezione e sicurezza. Pensare alle donne senza guscio mi rimanda ad un senso di libertà, nella misura in cui le donne lasciano giocare ciò che sono nel mondo, semplicemente. Questo preambolo è necessario per me, per introdurre il punto nodale che mi ha colpito molto nel tentativo di rispondere al questionario di Luisa: il rapporto con il potere. E’ chiara qual è la differenza tra uomini e donne: le donne hanno un concetto del potere fattivo, il potere per essere, per fare, per condividere; questo è quello che si rileva dai racconti delle donne “sgusciate”. Per gli uomini invece è il dominio. Questa affermazione mi suona non solo vera, ma illuminante, perché chiarisce molte situazioni, esperienze, vissuti che spesso le donne si trovano a dovere gestire. La lotta per il potere è una lotta di dominio. Questa è la regola, la difficoltà è per le donne di riconoscere questa modalità e di venire in relazione con essa. Spesso mi sono trovata in situazioni di discussioni civili dove il problema era semplicemente l’affermazione della propria superiorità per dominare l’altro. Chiamiamola come volete, ma è un gioco/rituale nel quale bisogna stabilire chi ha strumenti più adeguati per dominare l’altro. In questo gli uomini hanno una formazione e un’esperienza che le donne non possono recuperare, per quanto tentino. Le donne che imitano gli uomini nel gioco/rituale di mostrare adeguati attributi al dominio, risultano ridicole, proprio perché suona falso. Allora come devono affrontare questa situazione le donne, quando chiamate al gioco/rituale degli uomini ? Questa è la giusta domanda. Ovviamente c’è una risposta, almeno per me. Essere donna, ma senza guscio. Ricordo che vedendo il film del Signore degli anelli -Il ritorno del re- tratto dal romanzo di Tolkien, rimasi molto colpita da una scena. La scena è la battaglia finale combattuta sotto le mura della città di Minas Tirith, i buoni sono pressoché spacciati, il numero dei cattivi è esorbitante, le possibilità di vittoria sono praticamente nulle e la catastrofe incombe. Tutti gli eroi entrano in battaglia, i re in prima posizione combattono e muoiono come i soldati, perché lo scontro non conosce ranghi. Uno spettro, che cavalca un mostro alato, si aggira nel cielo e colpisce gli uomini agguantandoli e scaraventandoli a terra. Il mostro è invincibile, protetto dalla profezia secondo cui nessun uomo vivente avrebbe potuto ucciderlo. Un valoroso si batte con lui e gli affonda la spada nel corpo, il mostro stupefatto lo guarda e con sorpresa dice che nessun uomo può batterlo. Il cavaliere si toglie l’elmo ed una cascata di capelli rossi cadono sull’armatura e ricorda al mostro che nessun uomo può batterlo, ma una sola donna si. Mi piace molto questa immagine, non solo perché il mostro cattivo è ucciso, ma perché non aveva messo in conto il coraggio di una donna, non aveva lontanamente pensato alla possibilità che una donna potesse ucciderlo. Credo che questo possa essere riportato alle nostre vite vissute in tutti i piani della nostra esistenza. Questa immagine ci porta tante indicazioni. Se il potere è sinonimo di dominio, abbiamo un alleato: la sorpresa. Le donne possono contare sullo stupore di chi gestisce il potere come dominio, in quanto non ci si aspetta il coraggio e la forza, da una donna. Non ci si aspetta che le donne si misurino, che si pongano nella posizione di perdere o di vincere, è questa la qualità più importante dell’essere donne senza guscio, comunque vada ci si è confrontate. Altra indicazione: chi gestisce il potere come dominio mette in gioco gli stessi schemi, perché quelli conosce e pensa di misurarsi sullo stesso piano. Agire il potere con le qualità di una donna significa scompaginare gli schemi, significa rompere equilibri e dare possibilità nuove. Le modalità con le quali la donna si confronta sono diverse e l’uomo di dominio non sa come rispondere, se posti sullo stesso piano di azione, l’uomo di potere si disorienta. Una delle strategie del potere come dominio è l’annientamento dell’altro. Come donne siamo state sempre annientate: un uomo non regge se un altro uomo riesce ad annientarlo; una donna può, perché l’ha sempre vissuto. E’ abituata. Ha le qualità per conservare la forza ed usarla, senza sentirsi annientata, perché per lei non conta. Le donne hanno la forza per risollevarsi tante e tante volte, e ogni volta rinasce con forze nuove, l’annientamento non funziona con le donne. Il prezzo di tutto questo è il disagio. Il disagio di trovarsi in un contesto dal quale ci si sente estranei e del quale si ha paura. Il prezzo di ricominciare da capo continuamente e la pazienza di spiegare ancora una volta cosa si è e dove si pensa di andare. Dicevo paura, forse dovremmo accogliere la paura ed il desiderio di tornare nel nostro guscio, caldo e protetto dove potere essere sicure, di non essere messe alla prova sul terreno del dominio. Questo forte desiderio che accompagna le donne di tornare alla propria vecchia tana dove nascondersi, dentro il proprio guscio. Il mondo non appartiene alle donne ed il senso di estraneità, di non sentirsi parte dei giochi, fa sì che le donne si tengono alla larga da contesti di potere. Forse è su questo terreno che dovremmo non demordere e testimoniare che può essere diverso e che deve esserlo. Le donne che hanno delle responsabilità nelle aziende, nella politica hanno oggi un compito importante dare testimonianza e considerato come va il mondo, le donne hanno il dovere di entrarci e di cambiarlo: non c’è più tempo.
Pina Grimaldi

23 febbraio: Una conferenza sui temi di Donne senza guscio alla Camera di Commercio di Torino

Martedì 23 febbraio al Centro Congressi Torino Incontra ,via Nino Costa 8 nell'ambito di una giornata di incontri su "Porte aperte all'imprenditoria", il Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Comercio di Torino, presieduto da Silvana Neri, ha organizzato un incontro sui temi di Donne senza guscio:

Uomini e donne: pari opportunità in azienda?
14.00 Moderatore: Giovanna Boschis Politano
14.10 Luisa Pogliana
15.00 Laura Cima, Consigliera di Parità della Provincia di Torino

giovedì 4 febbraio 2010

Una presentazione a Roma, con Managerzen, Spazio dell'anima, postonove

Un incontro sui temi di Donne senza guscio si terrà a Roma lunedì 15 febbraio 2010, ore 18,30, al Managerzencaféroma, presso Spazio dell'anima, via Carlo Denina 72.

L'incontro è stato voluto da Mangerzen, Spazio dell'anima e postonove comunicazione.
Al dibattito partecipano Myriam Ines Giangiacomo - Responsabile Formazione, Comunicazione Interna e Qualità di Ferservizi, Vicepresidente di Managerzen e AIF Lazio-, Pina Grimaldi - Responsabile Direzione Organizzazione e Sistemi Centro Direzionale Fatebenefratelli -, e Roberta Buzzacchino -Mind Mapper, ideatrice del laboratorio Mappe Mentali Lab-. Tre donne che hanno collaborato al libro con le loro esperienze e riflessioni. Partiremo proprio dai punti di arrivo comune, per vedere per ognuna cosa risulta oggi più importante per andare avanti.
Ci sarà un contributo di Linda Salerno -Consulente di Gestione risorse umane e Bilancio delle competenze-, e di altre donne che hanno collaborato a realizzare questo incontro.
Ringrazio tutte tantissimo.

Giovanna Galletti: intervento sul libro alla Casa della Cultura di Milano

Il dibattito sul libro che si è tenuto il 18 gennaio alla Casa della Cultura di Milano è stato registrato e ho già segnalato il link per chi volesse ascoltarlo. Ho voluto però trascrivere l'intervento di Giovanna Galletti -che riporto qui di seguito- perché ho trovato molto illuminante la sua chiave di lettura, "l'imprevisto simbolico", e voglio proporla subito a tutte.
E poi perché Giovanna è una persona per me importante, ha contribuito al mio libro non solo con la sua storia di lavoro e le sue riflessioni, ma anche aiutandomi a leggere le storie di tutte dal punto di vista della soggettività. E ancora: con lei e Gianna Mazzini abbiamo fatto un bel lavoro -quello a cui accenna Giovanna- il libro Abbracciare l'orso. Storie di affetti e sentimenti nel lavoro. Scrittura fatta insieme che ha lasciato i suoi frutti anche nei pensieri di Donne senza guscio (Gianna non c'era a Milano, ma c'era, anche nell'intervento di Giovanna, e nel mio libro).
Nelle parole trascritte, solamente, non si sente abbastanza l'emozione di Giovanna.
Infine una cosa, che Giovanna non sapeva. Lo stesso episodio emblematico di 'imprevisto simbolico' che lei ha letto dal libro durante suo intervento, è stato citato varie volte durante le presentazioni. Forse nessuna di quelle donne aveva in mente questa definizione, questa concettualizzazione dell'esperienza. Ma sicuramente ne sentiva la portata, la rilevanza, l'efficacia, perché vi si riconosceva e lo valorizzava tanto da segnalarlo. Dunque è vero che la chiave di lettura di Giovanna è illuminante. Questo getta una luce anche sulla rilevanza delle 'mille microsoluzioni', apparentamente di piccola portata, che vengono così definite in una delle storie raccolte nel libro. Tanto importanti che io ne ho fatto il titolo di un capitolo. Ma poi l'ho addirittura già trovata in un saggio, dove viene usata dall'autore come se fosse una sua definizione.
E allora, mi fa piacere dire che entrambe queste cose -l'episodio del verbale e le microsoluzioni-vengono dall'intelligenza, dalla grande capacità di leggere e agire nel quotidiano di Isabella Covili.

Intervento di Giovanna Galletti

Mi è piaciuto molto il lavoro che fatto Luisa di raccolta di esperienze, di storie autobiografiche, di persone -si tratta di trenta manager- che comunque hanno perseguito il loro obiettivo.
Per esperienza di ricercatrice so che il buon risultato di un lavoro di ricerca nasce da come si costruisce la griglia di conoscenza. Quindi sottolineo l'intelligenza di come è stato costruito questo percorso di conoscenza della vita di queste donne. Io, fra l'altro, ho anche risposto a queste domande ed ero aperta ad una ipercriticità su come si indagava su questi percorsi di vita, perché si trattava proprio di andare a conoscere un percorso. Questo mi è molto piaciuto, anche perché indagare l'esperienza quando si parla di donne è il modo migliore per conoscerle, visto che le donne amano il racconto piuttosto che l'astrazione. Luisa lo dice anche nel suo libro quanto l'idea di andare indagare la realtà di queste donne è nata anche dalla sua non riconoscibilità in questionari che lei stessa aveva compilato, inoccasione di ricerche sulla sua posizione di manager. Quindi dimostrare la non neutralità delle ricerche, questa astrazione che non rispecchia la realtà femminile, mi trova pienamente d'accordo, è uno degli aspetti che ho molto apprezzato.
Voglio anche dire che sono molto felice di essere qui accanto a Luisa, perché sono molto vicina a questo libro, sia perché sono una delle intervistate, sia perché questo libro segue un'esperienza di scrittura che abbiamo fatto insieme. E' un pochino figlio di un libro che abbiamo fatto a sei mani e tre cuori, tra me e Luisa e un'altra autrice, Gianna Mazzini. E mi sembra molto bello vedere come un lavoro -perché di un lavoro si trattava-. un lavoro fatto in relazione, seguendo delle regole non regole, ha avuto poi un seguito. Un lavoro costruito con la valorizzazione delle differenze di ciascuna di noi, ha creato un flusso di energia che ha portato Luisa a perseguire un suo obiettivo. che anticipava il libro fatto insieme ma che cronologicamente è uscito dopo. Questa è una cosa molto bella, e si tratta di una cosa sperimentata.
Un altro aspetto che ho trovato molto interessante in queste storie narrate è andare a rintracciare questa sorta di imprevisti simbolici con i quali queste donne si sono mosse nella realtà del lavoro. Li chiamo così, imprevisti, perché è vero che non si può immaginare una modificazione delle regole con un approccio teorico, ma piuttosto con questo comportarsi creando a volte una sorta imprevisto. Già le donne nel mondo del lavoro sono un imprevisto, il mondo del lavoro, per come lo vedo io, è stato pensato in modo maschile, quindi la presenza femminile è un imprevisto di per sé. Perciò le donne, nel modo in cui agiscono o reagiscono alle regole date, possono generare nuove opportunità.
Un ulteriore aspetto a me piace molto, siccome non sono portata ad enfatizzare il vittimismo femminile: vedere l'evidenziazione di come queste donne hanno smontato il loro soffitto di vetro interno. In che senso? Il fatto che, a limitare il comportamento delle donne nel mondo del lavoro, sia in gran parte la generazione di limiti interni, è un aspetto non teorico. Per esempio, noi ricercatrici del nostro istituto abbiamo condotto un paio di anni fa uno studio sulla soggettività femminile delle donne italiane. In questo lavoro erano stati indagati quali fossero i limiti percepiti alla libertà di espressione di sé. E, guarda caso, le donne che avevano una soggettività più alta riconoscevano come vincolo alla loro libertà i limiti interni. Le donne, invece, con una soggettività più bassa imputavano di più le loro difficoltà di espressione ai limiti esterni. Una cosa molto simile a quello che hanno fatto alcuni ricercatori americani- Hanno misurato quello che loro chiamano il locus of control, che è il grado di attribuzione della possibilità di agire nei contesti e di modificarli. Anche in quel caso era evidente una differenza di genere: le donne tendenzialmente si spostavano più sulla scala dei vincoli esterni, mentre gli uomini più sulla scala dei vincoli interni. Ora mi sembra che oggi ci sia una maggiore consapevolezza di una ripresa del controllo dei vincoli interni. C'è un desiderio molto più forte delle donne di indagare e di rimuovere gli ostacoli che sono spesso introiettati. Come diceva giustamente Lea Melandri, è vero che c'è uno schema di differenze dato, costruito dall'ordine maschile, che non sono le differenze reali. Anche perché secondo me non esiste affatto la complementarietà dei generi, ma esistono dei differenti modi di vivere la realtà. Quindi questa parte così positiva di affrontare la realtà, di creare continuamente imprevisti simbolici e di lavorare internamente, è una cosa che mi è piaciuta un sacco. Volevo citare un pezzettino di una queste storie, che secondo me sintetizza quello che voglio dire.
Siamo in un contesto di una grande multinazionale, e abbiamo una riunione con i capi dell'head quarter.
“Siamo in dieci, io l’unica donna. Il grande capo prende la parola, guarda il mio capo in modo interrogativo, il mio capo capisce e girandosi verso di me dice: 'Prende nota lei, vero?' . Il sangue ribolle, l’ira fa fatica ad essere contenuta, ma dieci anni di lavoro qualcosa hanno insegnato, faccio violenza su me stessa e 'Certamente, con piacere' rispondo. Dopo un mese, di nuovo l'operation meeting. Siamo sempre in dieci e sono sempre l’unica donna. Prima che il grande capo inizi a parlare, guardo il collega alla mia destra e gli dico 'Oggi tocca a te prendere nota, vero?'. Il mio capo spalanca gli occhi, il mio collega è paonazzo. Io sorrido a tutti con innocenza, come se avessi detto la cosa più ovvia del mondo. Il grande capo ci guarda e dice 'Bene, iniziamo'. E’ così che è nata l’abitudine di prendere nota a turno.”
Ecco, quando io parlo degli imprevisti, intendo questo: una grande capacità e libertà di prendere coscienza del proprio disagio e di metterlo in azione. Questa è la cosa che mi appassiona, cercare questa capacità, e svilupparla, di cambiare continuamente il contesto a partire da dentro.

www.labodif.com

martedì 2 febbraio 2010

Dibattito alla Casa della Cultura di Milano: tutti gli interventi registrati

La presentazione del libro alla Casa della Cultura di Milano, che si è tenuto il 18 gennaio scorso, ha dato vita a una discussione molto interessante e in un bel clima di vero interesse allo scambio e a confrontarsi con opinioni diverse ma interessi comuni. La ricchezza della discussione è stata portata dagli interventi di chi ha presentato il libro: Lea Melandri, Renata Borgato, Giovanna Galletti. E poi dalle donne presenti: alcune della Libera Università delle Donne -è intervenuta Maria Grazia Campari-, altre del Gruppo Lavoro della Libreria delle Donne: Pinuccia Barbieri, Giordana Masotto, Silvia Motta. Sono molto grata a tutte, molto. Spero in un po' di continuità di questo momento di incontro.
Chiara Lupi ha condotto l'incontro con una notevole capacità di ubiquità, di cui non ci siamo accorte, appunto, ma che mi ha raccontato dopo, con un curioso scritto.
Tutta la serata è stata registrata, e può essere ascoltata andando sul sito della Casa della Cultura (cliccare su Registrazioni Audio e Video, poi Audio e scorrere fino al titolo della presentazione).
In particolare, i contenuti dell'intervento di Lea Melandri si ritrovano nel suo articolo che ho pubblicato qui qualche giorno fa, quelli di Renata Borgato nella sua recensione per FOR, anche questo pubblicato qui.
Ho voluto trascrivere l'intervento di Giovanna Galletti,-che riporterò - perché ho trovato molto illuminante la sua chiave di lettura di quello che ha definito "l'imprevisto simbolico".