giovedì 22 aprile 2010

Incontro a Milano con ABCD: un bellissimo contributo di Barbara Mapelli

Valeva la pena di esserci, martedì 20 all'incontro sul libro organizzato da Isabella Landi per ABCD, anche solo per ascoltare l'intervento di Barbara Mapelli. Incontrare questa donna è stato un bel guadagno. Metto qui sotto il suo intervento, che consiglio molto di leggere.

LINGUAGGIO
E’ scorrevole, semplice e discorsivo, piacevole, ironico, si sofferma spesso sull’etimologia/significato delle parole che usiamo abitualmente e ci aiuta a rifletterci, senza accettarle acriticamente. E’ discorsivo, sembra voler avviare una conversazione con la lettrice/lettore
E appunto mi soffermo, come prima attenzione, proprio sul linguaggio perché del testo rivela le intenzioni e anche la struttura portante, su cui il libro è costruito. Le interviste alle donne, che organizzano i diversi contenuti, divengono nel testo un racconto, più racconti e storie che si intrecciano, costruendo una trama comune, un discorso più generale di somiglianze, intrecci, connessioni da cui emergono contenuti condivisi. Una presenza collettiva in cui le protagoniste e l’autrice stessa sono narratrici e interpreti allo stesso tempo.
NARRAZIONE
Il racconto di queste donne, la composizione e il commento di Luisa divengono la base e la possibilità di riconoscimento per le altre, il riferimento per riflettere sulla propria esperienza, per pensarla come una storia, narrabile quindi, e di valore, per sé e per le altre. In questo modo si contribuisce a creare una tradizione, un discorso sul lavoro che non si avvale più soltanto di parole, immagini, narrazioni maschili.
Quello scelto da Luisa è un percorso che si inserisce in una cultura che mi appare di matrice tutta femminile. Se infatti il metodo delle interviste caratterizza molte ricerche, anche maschili naturalmente, in questo caso si privilegia la dimensione della relazione tra donne, poiché il testo mette in dialogo le intervistate tra loro e con l’autrice, che si misura con le parole delle donne e, a partire da queste, inaugura e stabilisce un dialogo anche con chi legge. E allora la molteplicità dei punti di vista diviene un valore, dichiarato fin dalla premessa in cui si dice che l’oggetto di ricerca non è ciò che c’è (altrimenti detto la verità), ma ciò che si vede e in questo modo offre dunque spazio di parola e interpretazione anche alla lettrice, non più posta in una condizione passiva e acritica, come avviene nei testi dell’ipse dixit maschile (e anche in alcuni femminili).
Si prospetta dunque una possibilità appassionante di lettura ed è quella che ho adottato.
TRADIMENTO
L’ho adottata consentendomi quell’attitudine che per me significa che un libro mi piace e mi interessa: allora tradisco l’autrice.
Vado cioè al di là delle sue intenzioni – ma in questo caso probabilmente corrispondo alle sue intenzioni – lascio che il libro generi in me altre storie e altre direzioni, altri pensieri ed emozioni.
D’altronde io sono un’educatrice e interpreto dunque tutto il testo in questa prospettiva, anche se mi sembra che l’autrice stessa la condivida, o forse, e addirittura, mi chiedo, non è vero che ogni libro, ogni relazione, diretta o mediata attraverso la parola scritta, è, se vuole, educativa? E se non vuole non è neutra ma diseducativa?
Un libro che diviene importante per me è allora quello che sa condurmi lontano da sè. (D’altronde tra le belle etimologie che ci offre Luisa c’è anche quella di tradimento…)
PAROLE
Etimologie, appunto, grande attenzione alle parole. C’è bisogno di parole di donne sul lavoro (e non solo), per non continuare ad usare il linguaggio altrui – e il linguaggio è ciò che dà forma al mondo, lo interpreta e trasforma questa interpretazione in norma - per piegarlo, risignificarlo sui sensi, bisogni, usi delle donne. Per dimostrare, innanzitutto a sé stesse per poi dirlo alle altre, che non c’è una sola concezione di lavoro e di carriera e che sono possibili invece molti percorsi. (pag.45)
PROGETTO
Mi è parsa una parola importante nel testo e lo percorre in molte parti: i modelli sociali di femminile e maschile che condizionano le scelte, anche quelle apparentemente più libere e condizionano ambedue i sessi (esempio della carriera, se una donna può fare carriera, un uomo deve) e ho verificato nelle mie ricerche con adolescenti ancora a scuola come questi modelli li/le vincolino nell’elaborazione della scelta per il futuro. I modelli di genere poi nel contemporaneo sono complessi, contraddittori, spesso opposti, credo sia impossibile interpretarli – per non subirli passivamente - in solitudine, senza una guida critica. La scuola, le altre agenzie formative dovrebbero offrire come prima forma di educazione di genere gli strumenti per interpretare quel che il contemporaneo propone per divenire e crescere donne e uomini (e comprendere è il primo passaggio per mutare).
Proseguendo sulla parola progetto. Mi colpisce nel testo quando si parla di carenza progettuale delle donne in confronto agli uomini e l’autrice la definisce in realtà un punto a favore (pag.20). Non posso che condividere e ricordo di aver scritto qualcosa di molto vicino a proposito delle adolescenti. La norma sociale impone agli uomini (e non alle donne,come si diceva prima) non solo di dover lavorare, ma di dover fare carriera, questo limita la loro capacità progettuale o almeno ne riduce l’ampiezza, aumenta le ansie che rendono meno creativi, flessibili, disponibili. E questo già verificavo tra i giovani maschi adolescenti a scuola. Mentre le ragazze che intervistavo avevano progetti meno delineati, più vaghi, spesso tra loro contraddittori e io avevo considerato che questo avrebbe potuto renderle più libere, più capaci di ragionare su un ampio spettro di possibilità, comprensive anche del fatto che la biografia di una persona non si costruisce solo su un progetto di lavoro, ma, come scrive Luisa, mentre una donna progetta progetta anche per la sua famiglia. Ma qui si apre un altro grande capitolo, sempre complesso, talvolta doloroso, che per il momento tralascio.
Questo libro lo penserei dunque molto utile, almeno in alcune sue parti, per un lavoro di orientamento fin dalle scuole.
AMBIVALENZA
Quando parlavo con le studentesse delle scuole i loro progetti per il futuro potevano definirsi ambivalenti, ci si immaginava spesso tra un aereo e l’altro, impegnate in molte riunioni, come manager di successo, e nel contempo felici nella propria casa, nella quotidianità regolare tra colazioni, buoni mariti (al buon marito sono dedicate alcune pagine nel libro, pp.82-3) e bimbi a scuola.
Tratti di ambivalenza a loro volta di contenuto ambiguo: da una parte la pericolosità di questi progetti che possono indurre sogni di onnipotenza e indicano poca conoscenza della realtà con i suoi vicoli e difficoltà (ma a scuola non si fa orientamento di genere, la realtà del contemporaneo, la sua conoscenza sessuata non fa parte dei programmi), ma al contempo e d’altra parte l’elaborazione di una competenza, soprattutto femminile, a vivere il tempo moltiplicandolo, rendendolo plurale (la frase attribuita a Madame de Maintenon, favorita e poi moglie morganatica del Re Sole: “Il re si prende tutto il mio tempo. Quello che resta lo dedico a Saint Cyr, a cui vorrei donarlo tutto”. Il resto del tempo è la sua risorsa di senso, la sua capacità di sottrarsi alle norme che regolano il tempo, alla sua economicità, all’ansia che sia sempre e visibilmente produttivo, in questo consiste l’eccedenza dell’esperienza femminile, legata alla pluralità continuamente ripercorsa, inventata, composta, dei propri ambiti esistenziali).
Ma l’ambivalenza femminile può divenire ed essere una grande risorsa, la capacità di stare in ambiti diversi allo stesso tempo, ma anche un autolimite (pensare alle difficoltà innanzitutto con sentimento di inadeguatezza personale, sindrome dell’impostore, pag.149) e l’autrice ne parla a lungo. Trasformarla soprattutto in risorsa è uno degli obiettivi del volume, come modalità femminile di apprendere a stare e vivere nella complessità, adottando e sviluppando la competenza di continui aggiustamenti, cambi di rotta, le mille microsoluzioni (pag.185).
GENERAZIONI
E a proposito di obiettivi, tra i molti leggo quello che più mi interessa, lo scambio di esperienze tra generazioni. C’è un bella frase nel libro, che trascrivo, quando si riesce a mettere in circolo l’esperienza, quando si riesce a condividere gli orientamenti, quello che si è riuscite a fare e come si è riuscite, il nostro orizzonte si amplia. Quello che facciamo acquista un senso non solo personale. Il proprio modo di agire non è più solo un’affermazione di capacità individuale: diventa una possibilità anche per le altre .(pag.173)
Appunto, così, insieme, si può cominciare a mutare, sé e il contesto.
L’autrice racconta, o fa parlare, normali vite di donne, adottando la metodologia che il movimento delle donne ha inventato, il partire da sé, dalla propria storia e l’accostarsi di molte storie diviene una coralità condivisa, un sapere, più saperi del lavoro e della vita. Costruisce il sapere delle donne, nel lavoro ma non soltanto, poichè sappiamo che non vi è separatezza nelle biografie delle donne, anzi ogni separatezza viene respinta e quindi questi saperi divengono saperi biografici, con cui si compone la vita di ognuna.
Luisa ha lavorato per tutta la vita nell’ambito aziendale. Da un po’ di tempo ha una nuova vita e di essa dedica una parte a questo lavoro, lo scrivere libri, sulle e con le donne.
Probabilmente abbiamo la stessa età e probabilmente, se pure in ambiti diversi, le stesse intenzioni, o almeno simili. Costruire trame di storie, reti di racconti, un sapere, dei saperi della vita e del mondo che si avvalgano delle esperienze femminili. Per tramandarli tra donne, tra generazioni, non come contenuti già elaborati solo da acquisire, un nuovo logos – la parola che si fa norma - questa volta al femminile, ma piuttosto come mythos (Luisa che ama le etimologie sa che logos e mythos sono le due forme greche, con diverso significato, di parola), racconto, scambio di esperienze, appunto, che partono dal sé individuale e collettivo di una generazione di donne per avvicinarsi ad altre, con altre vite ed esperienze, anche altri problemi. Perché sui vari temi si scambino parole di donne e poi, tra generazioni, ci si tradisca, si vada altrove, ma rinforzate, rese più sicure, più tranquille, anche nel proprio oltre, per il fatto che si sa che intorno, alle spalle, ci sono, e ci sono stati, progetti, proposte, vite e percorsi di donne, da cui apprendere per trasformare e continuare, così, la narrazione.
Barbara Mapelli

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