Il dibattito sul libro che si è tenuto il 18 gennaio alla Casa della Cultura di Milano è stato registrato e ho già segnalato il link per chi volesse ascoltarlo. Ho voluto però trascrivere l'intervento di Giovanna Galletti -che riporto qui di seguito- perché ho trovato molto illuminante la sua chiave di lettura, "l'imprevisto simbolico", e voglio proporla subito a tutte.
E poi perché Giovanna è una persona per me importante, ha contribuito al mio libro non solo con la sua storia di lavoro e le sue riflessioni, ma anche aiutandomi a leggere le storie di tutte dal punto di vista della soggettività. E ancora: con lei e Gianna Mazzini abbiamo fatto un bel lavoro -quello a cui accenna Giovanna- il libro Abbracciare l'orso. Storie di affetti e sentimenti nel lavoro. Scrittura fatta insieme che ha lasciato i suoi frutti anche nei pensieri di Donne senza guscio (Gianna non c'era a Milano, ma c'era, anche nell'intervento di Giovanna, e nel mio libro).
Nelle parole trascritte, solamente, non si sente abbastanza l'emozione di Giovanna.
Infine una cosa, che Giovanna non sapeva. Lo stesso episodio emblematico di 'imprevisto simbolico' che lei ha letto dal libro durante suo intervento, è stato citato varie volte durante le presentazioni. Forse nessuna di quelle donne aveva in mente questa definizione, questa concettualizzazione dell'esperienza. Ma sicuramente ne sentiva la portata, la rilevanza, l'efficacia, perché vi si riconosceva e lo valorizzava tanto da segnalarlo. Dunque è vero che la chiave di lettura di Giovanna è illuminante. Questo getta una luce anche sulla rilevanza delle 'mille microsoluzioni', apparentamente di piccola portata, che vengono così definite in una delle storie raccolte nel libro. Tanto importanti che io ne ho fatto il titolo di un capitolo. Ma poi l'ho addirittura già trovata in un saggio, dove viene usata dall'autore come se fosse una sua definizione.
E allora, mi fa piacere dire che entrambe queste cose -l'episodio del verbale e le microsoluzioni-vengono dall'intelligenza, dalla grande capacità di leggere e agire nel quotidiano di Isabella Covili.
Intervento di Giovanna Galletti
Mi è piaciuto molto il lavoro che fatto Luisa di raccolta di esperienze, di storie autobiografiche, di persone -si tratta di trenta manager- che comunque hanno perseguito il loro obiettivo.
Per esperienza di ricercatrice so che il buon risultato di un lavoro di ricerca nasce da come si costruisce la griglia di conoscenza. Quindi sottolineo l'intelligenza di come è stato costruito questo percorso di conoscenza della vita di queste donne. Io, fra l'altro, ho anche risposto a queste domande ed ero aperta ad una ipercriticità su come si indagava su questi percorsi di vita, perché si trattava proprio di andare a conoscere un percorso. Questo mi è molto piaciuto, anche perché indagare l'esperienza quando si parla di donne è il modo migliore per conoscerle, visto che le donne amano il racconto piuttosto che l'astrazione. Luisa lo dice anche nel suo libro quanto l'idea di andare indagare la realtà di queste donne è nata anche dalla sua non riconoscibilità in questionari che lei stessa aveva compilato, inoccasione di ricerche sulla sua posizione di manager. Quindi dimostrare la non neutralità delle ricerche, questa astrazione che non rispecchia la realtà femminile, mi trova pienamente d'accordo, è uno degli aspetti che ho molto apprezzato.
Voglio anche dire che sono molto felice di essere qui accanto a Luisa, perché sono molto vicina a questo libro, sia perché sono una delle intervistate, sia perché questo libro segue un'esperienza di scrittura che abbiamo fatto insieme. E' un pochino figlio di un libro che abbiamo fatto a sei mani e tre cuori, tra me e Luisa e un'altra autrice, Gianna Mazzini. E mi sembra molto bello vedere come un lavoro -perché di un lavoro si trattava-. un lavoro fatto in relazione, seguendo delle regole non regole, ha avuto poi un seguito. Un lavoro costruito con la valorizzazione delle differenze di ciascuna di noi, ha creato un flusso di energia che ha portato Luisa a perseguire un suo obiettivo. che anticipava il libro fatto insieme ma che cronologicamente è uscito dopo. Questa è una cosa molto bella, e si tratta di una cosa sperimentata.
Un altro aspetto che ho trovato molto interessante in queste storie narrate è andare a rintracciare questa sorta di imprevisti simbolici con i quali queste donne si sono mosse nella realtà del lavoro. Li chiamo così, imprevisti, perché è vero che non si può immaginare una modificazione delle regole con un approccio teorico, ma piuttosto con questo comportarsi creando a volte una sorta imprevisto. Già le donne nel mondo del lavoro sono un imprevisto, il mondo del lavoro, per come lo vedo io, è stato pensato in modo maschile, quindi la presenza femminile è un imprevisto di per sé. Perciò le donne, nel modo in cui agiscono o reagiscono alle regole date, possono generare nuove opportunità.
Un ulteriore aspetto a me piace molto, siccome non sono portata ad enfatizzare il vittimismo femminile: vedere l'evidenziazione di come queste donne hanno smontato il loro soffitto di vetro interno. In che senso? Il fatto che, a limitare il comportamento delle donne nel mondo del lavoro, sia in gran parte la generazione di limiti interni, è un aspetto non teorico. Per esempio, noi ricercatrici del nostro istituto abbiamo condotto un paio di anni fa uno studio sulla soggettività femminile delle donne italiane. In questo lavoro erano stati indagati quali fossero i limiti percepiti alla libertà di espressione di sé. E, guarda caso, le donne che avevano una soggettività più alta riconoscevano come vincolo alla loro libertà i limiti interni. Le donne, invece, con una soggettività più bassa imputavano di più le loro difficoltà di espressione ai limiti esterni. Una cosa molto simile a quello che hanno fatto alcuni ricercatori americani- Hanno misurato quello che loro chiamano il locus of control, che è il grado di attribuzione della possibilità di agire nei contesti e di modificarli. Anche in quel caso era evidente una differenza di genere: le donne tendenzialmente si spostavano più sulla scala dei vincoli esterni, mentre gli uomini più sulla scala dei vincoli interni. Ora mi sembra che oggi ci sia una maggiore consapevolezza di una ripresa del controllo dei vincoli interni. C'è un desiderio molto più forte delle donne di indagare e di rimuovere gli ostacoli che sono spesso introiettati. Come diceva giustamente Lea Melandri, è vero che c'è uno schema di differenze dato, costruito dall'ordine maschile, che non sono le differenze reali. Anche perché secondo me non esiste affatto la complementarietà dei generi, ma esistono dei differenti modi di vivere la realtà. Quindi questa parte così positiva di affrontare la realtà, di creare continuamente imprevisti simbolici e di lavorare internamente, è una cosa che mi è piaciuta un sacco. Volevo citare un pezzettino di una queste storie, che secondo me sintetizza quello che voglio dire.
Siamo in un contesto di una grande multinazionale, e abbiamo una riunione con i capi dell'head quarter.
“Siamo in dieci, io l’unica donna. Il grande capo prende la parola, guarda il mio capo in modo interrogativo, il mio capo capisce e girandosi verso di me dice: 'Prende nota lei, vero?' . Il sangue ribolle, l’ira fa fatica ad essere contenuta, ma dieci anni di lavoro qualcosa hanno insegnato, faccio violenza su me stessa e 'Certamente, con piacere' rispondo. Dopo un mese, di nuovo l'operation meeting. Siamo sempre in dieci e sono sempre l’unica donna. Prima che il grande capo inizi a parlare, guardo il collega alla mia destra e gli dico 'Oggi tocca a te prendere nota, vero?'. Il mio capo spalanca gli occhi, il mio collega è paonazzo. Io sorrido a tutti con innocenza, come se avessi detto la cosa più ovvia del mondo. Il grande capo ci guarda e dice 'Bene, iniziamo'. E’ così che è nata l’abitudine di prendere nota a turno.”
Ecco, quando io parlo degli imprevisti, intendo questo: una grande capacità e libertà di prendere coscienza del proprio disagio e di metterlo in azione. Questa è la cosa che mi appassiona, cercare questa capacità, e svilupparla, di cambiare continuamente il contesto a partire da dentro.
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